sabato 26 maggio 2018

La mia rivincita

Quel giorno pensavo che non avrei più smesso di piangere.
 Tutto ebbe inizio quando, durante l’ultima partita della stagione, sbagliai il canestro decisivo: mancavano cinque secondi ed io avevo la palla. Provai a tirare, ma non arrivò al canestro. Perdemmo il campionato, tutti i miei compagni si infuriarono con me e per settimane non mi rivolsero più la parola.
 Quando tornai a casa, mi chiusi nella mia camera senza neanche mangiare. Il giorno dopo decisi di non andare a scuola: ero distrutto. Per fortuna c’era un mio amico che mi sostenne e grazie a lui riuscii a riemergere da quel profondo baratro in cui ero improvvisamente piombato. Iniziai ad allenarmi quando il coach mi convocò nel suo studio dicendomi a malincuore:
- Matteo, non potrai più giocare durante le partite del campionato-. Ed io deluso e amareggiato gli chiesi il perché. Si rivolse verso di me con uno sguardo pietoso e mi disse:
- Ti ricordi cosa è successo durante l’ultima partita? Per colpa tua abbiamo perso il campionato e non possiamo permetterci di fallire ancora… Adesso puoi andare.
Uscendo dalla porta sentii un vuoto dentro di me e scoppiai a piangere.
 Arrivò l’estate. I miei genitori decisero, come ogni anno, di trascorrere le vacanze dai nonni a San Giovanni in Persiceto, un comune situato a circa venti chilometri dalla città di Bologna. Lo conoscevo come le mie tasche: andavamo spesso lì durante l’anno, nei fine settimana, ma in estate vi rimanevamo mesi interi. Avevo stretto amicizia con diversi ragazzi miei coetanei, con i quali condividevo la mia passione per la pallacanestro. La maggior parte delle giornate la trascorrevo allenandomi con loro.
 Ricordo bene quella assolata e calda mattina di luglio. Sembrava un giorno come gli altri, ma non fu così. Andai, come al solito, al campetto e mi accorsi che il campo non era vuoto. Quando mi avvicinai, pensai di avere un’allucinazione, non credevo ai miei occhi: sul campo c’era, in carne ed ossa, il mio idolo, Marco Belinelli. Sapevo che San Giovanni era il suo paese d’origine, ma non l’avevo mai incontrato. Timidamente mi diressi verso di lui e gli domandai:
- M-m-ma è veramente lei?- a malapena  mi uscivano le parole di bocca, ero davvero emozionato. Mi rispose subito:
- Certo che sono io!
Gli raccontai della mia grande delusione e lui mi rassicurò dicendo:
- La volontà deve essere più forte del talento. Non temere, vedrai, con l’allenamento potrai migliorare. La determinazione è il motore potente che può portarci lontano…
Con un fil di voce gli chiesi:
-Sarebbe davvero bello se fosse lei ad allenarmi
Lui, senza esitare, mi rispose:
- Certo, mi farebbe piacere, mi tratterrò qui ancora per qualche settimana. Potremmo cominciare subito!
Non stavo nella pelle per l’emozione. Trascorsi un’estate indimenticabile. Mi alzavo all’alba e iniziavo subito gli allenamenti. Era davvero faticoso, ma non mollavo. Ogni goccia di sudore versato aumentava in me la voglia di farcela, di superare i miei limiti.
Dopo un mese di duro allenamento, ero pronto per giocare con la squadra che mi consigliò Marco, ovvero quella del Bologna. Ricominciò il campionato e subito feci scintille: ero diventato imbattibile. La finale la giocai contro la mia vecchia squadra: si ripresentò, così,  l’occasione della mia  rivincita. Mancava una manciata di secondi. Tutti mi fissavano, il cuore mi batteva all’impazzata. Le sorti della squadra erano ancora una volta nelle mie mani. Provai a tirare. Questa volta la palla entrò nel canestro: grazie a me, avevamo vinto il campionato. 
Ero fiero di me: con la forza della determinazione, avevo raggiunto il mio obiettivo. Avevo imparato una grande lezione: nello sport, come nella vita, ci vuole sicuramente del talento per realizzare i propri sogni, ma solo una volontà ferrea e una grande determinazione ci consentiranno di realizzarli.

 Classe IIIA