sabato 26 maggio 2018

LO SBARCO SU MARTE

L’astronave toccò terra pochi istanti dopo. Il viaggio era stato faticoso, ma la soddisfazione di essere giunti per primi sul pianeta Rosso era, per gli uomini dell’equipaggio, incredibile e immensa. Michael, con un semplice gesto della mano, azionò il sistema di apertura dello sportello laterale: mosso dal sistema idraulico di ultima generazione, installato dopo ricerche decennali, il portellone si aprì con un sonoro rombo. Gli astronauti uscirono dalla cabina uno dopo l’altro, toccando per la prima volta nella storia umana il suolo marziano. Fu allora che lo videro. Era stato un lungo viaggio, ma i loro sforzi furono ripagati perché si scoprì che su Marte c’era vita. Decisero di mettersi in cammino per trovare qualcosa o qualcuno. Poco dopo, sentirono dei rumori strani così andarono a vedere cosa stesse succedendo: erano due alieni alle prese  con le pulizie della loro navicella.  Uno di questi allungò verso gli umani la sua mano da cui  colava una strana bava. La sua testa era grande e sproporzionata rispetto al resto del corpo, le sue braccia e le sue gambe erano lunghe. Dalla schiena fuoriuscivano delle lame affilate. Il suo amico indossava un vestito nero lucido, le scarpe erano di dimensioni grandissime, le mani erano sottili con delle unghie lunghissime. Sembrava avere una pelle grigiastra; i suoi occhi erano grandi e obliqui, il naso piccolo e curvo e la sua bocca non era che  una sottile fessura. Sulle loro teste sporgevano due grandi orecchie con una folta peluria che scendeva fin sopra al petto. La loro voce, appena percettibile, era come un sibilo e a fatica si riusciva a comprendere  ciò che dicevano. Durante la loro permanenza, durata circa un mese, scoprirono che  il pianeta era  caratterizzato da temperature piuttosto basse,  ricoperto da una sabbia rossa con granelli che luccicavano. Le dimensioni erano intermedie fra il pianeta Terra e quello della Luna. La sua superficie era ricoperta da formazioni vulcaniche, valli e deserti sabbiosi, con tanti crateri. Da ogni cratere fuoriuscivano dei vapori gassosi, la cui temperatura a contatto con quella  bassa della superficie faceva creare enormi nubi. Ciò impediva la crescita di piante o erba di qualsiasi natura.   I marziani   spiegarono loro che vivevano unicamente in funzione della propria navicella, cui erano strettamente legati. Quando la loro energia e quella della navicella si scaricavano, dovevano ricaricarsi nel rigeneratore. Terminate le scorte di cibo, Michael e gli astronauti dovettero salutare gli alieni, promettendosi che si sarebbero rivisti molto presto. Il viaggio di rientro fu lungo, ma piacevole. Una volta tornati sulla Terra,  si accorsero che non erano passati molti giorni,  ma solo due, così si resero conto che il tempo su Marte scorreva molto velocemente. Per Michael era stata davvero una bella esperienza da non dimenticare.

  Alessandra, Sofia, Jacopo, Antonio (IIIA)